Le mani sulla Ramazzotti – Vol. 1

Scuderie Ramazzotti Milano

Nel caso della Lombardona, le famiglie che ne erano socie si erano trovate davanti al dubbio che Vincenzo Maranghi, sedutosi ad un tavolo che non gli competeva se non in quanto marito di una delle sorelle Castellini Baldissera, volesse portare la banca nell’orbita di Mediobanca senza che quest’ultima tirasse fuori il becco di un centesimo.

Lo schema adottato è sempre lo stesso: frazionamento dell’azionariato tra gli eredi delle diverse stirpi delle famiglie socie (quando possibile); redazione di uno statuto che ingessa l’assemblea per evitare qualsiasi tipo di ribaltone, a volte pure passando attraverso patti parasociali peggio di patti leonini; insediamento di amministratori, presidenti, consiglieri e sindaci controllabili, di derivazione Mediobanca.

Lo stesso schema, come visto, era stato adottato anche nella società della famiglia Castellini Baldissera, la San Lorenzo SpA, che controllava il gruppo industriale ICAR, le cui partecipate erano state controparti di Gemina in operazioni anomale che erano servite per la costituzione di fondi neri all’estero.

Tra i fratelli Castellini Baldissera vi era anche Ettore, marito di Anna Ramazzotti, quest’ultima erede della famiglia di industriali produttori dell’omonimo Amaro. Ettore Castellini Baldissera muore in un’immersione in Sardegna nell’agosto 1971, lasciando la moglie Anna, appunto, e i due figli Guido e Gaia, quest’ultima nata appena 4 mesi prima. Il padre di Anna è il Cavaliere Guido Ramazzotti, che negli anni Settanta trasferisce il nucleo familiare (sua figlia Anna e i suoi nipoti Guido e Gaia) in Svizzera, visto che il nome della famiglia Ramazzotti era stato rinvenuto nella lista Vallanzasca.

Amaro Fesina Ramazzotti

Il Cav. Ramazzotti, complice anche il primo infarto che lo coglie nel 1974 per il quale Anna Ramazzotti deve tornare improvvisamente dagli Stati Uniti, ha quindi bisogno di persone che lo aiutino a prendersi cura della Fratelli Ramazzotti e in questo irrompe – al solito – Mediobanca e Vincenzo Maranghi. Il risultato è che in Italia la Fratelli Ramazzotti è di fatto amministrata dal rag. Tito Trinca, mentre per gli affari all’estero Mediobanca indica alla famiglia Ramazzotti il nome di Rubino Mensch.

Tito Trinca fino all’inizio degli anni Settanta era stato amministratore della holding Intersomer, che fa capo a Mediobanca e che finisce anch’essa nel mirino delle procure italiane una prima volta negli anni Ottanta insieme a Cofimer e Urtrust per l’indagine sui fondi neri di Mediobanca e una seconda volta negli anni Novanta per tangenti. Ma bisogna andare con ordine. Per capire cosa fosse Intersomer basta leggere un articolo de Il Sole 24 Ore del novembre 2010 dal titolo “Viaggio nel deserto sulle orme di Cuccia”. In esso si apprende che

A 29 anni, nel 1936, Cuccia è un funzionario del sottosegretariato per gli scambi e per le valute. È luglio. Viene mandato in Africa, dove resterà fino al novembre del 1937, a indagare su un contrabbando di valute attuato dall’amministrazione di Rodolfo Graziani. Nel dopoguerra, quando Cuccia diventa Cuccia, costruisce una rete di partecipazioni in banche locali e di società per fare l’intermediazione diretta sui mercati africani delle merci prodotte da aziende italiane: Falck, Pirelli, Olivetti, Fiat. La holding è la Intersomer.

Ma non basta. Nell’articolo Mediobanca, salotto chiuso” pubblicato su La Repubblica nel marzo 1993, il giornalista Rinaldo Gianola riporta che

E’ passata sotto silenzio anche la perquisizione che la Guardia di Finanza ha svolto, pochi giorni fa, presso la Intersomer, Società mercantile internazionale, interamente controllata da Mediobanca. Le Fiamme gialle hanno sequestrato alcuni documenti trovati nella sede della società. L’ Intersomer, già coinvolta nell’ 87 nell’ inchiesta del giudice Gherardo Colombo sui fondi neri dell’ Iri, è entrata nel mirino del giudice Vittorio Paraggio che si occupa delle tangenti che sarebbero state pagate sugli aiuti italiani ai Paesi in via di sviluppo.

Per quanto riguarda invece il ruolo di Trinca, nell’articolo Geronzi alla campagna d’Africa uscito su La Repubblica nel novembre 1997, si legge

il mezzo secolo di storia dell’ istituto di via Filodrammatici si può spaccare esattamente in due. Fino all’ inizio degli anni Settanta ha prevalso la linea di estrema diffidenza verso tutto quanto aveva qualcosa a che vedere con il mondo arabo. Erano tempi in cui le attività internazionali facevano capo a un distinto signore, Tito Trinca, molto vicino a Cuccia e responsabile, tra l’ altro, delle attività d’ Intersomer, la partecipata molto attiva nelle operazioni all’ estero. Trinca è sempre stato assai diffidente nei confronti dei Paesi arabi e ha avuto gioco facile perché l’ alleato tradizionale di Mediobanca è la banca d’ affari franco-americana Lazard, grande crocevia della finanza ebraica. Poi, proprio in corrispondenza con l’ uscita di Trinca, nella prima metà degli anni Settanta, è maturata la svolta grazie al ruolo giocato da due personaggi: Mario Barone, ai tempi amministratore delegato del Banco di Roma, molto vicino a Giulio Andreotti, e Guido Carli, l’ ex governatore della Banca d’ Italia. Fu Barone, che era consigliere di amministrazione della Mediobanca nonché creatore della rete estera del Banco di Roma, che presentò Cuccia a Rejeb Misellati. L’ occasione fu la fondazione dell’ Ubae, avamposto con sede a Roma della finanza libica in Italia. Tra gli azionisti dell’ Ubae, oltre al Banco di Roma, si contavano centri importanti del potere economico: la Fiat (rappresentata da Francesco Paolo Mattioli), l’ Eni (quella di Florio Fiorini), Stet, Bnl, Stet.

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L’avvocato e notaio Rubino Mensch, invece, balza agli onori delle cronache giudiziarie e finanziarie italiane una prima volta a metà degli anni Novanta del secolo scorso, e una seconda volta nel 2005, in entrambi i casi per la vicenda IMI-SIR. All’interno di tale vicenda, il ruolo riconosciuto a Rubino Mensch è quello di fiduciario della famiglia Rovelli, proprietaria della SIR – Società Italiana Resine. In tale ruolo Rubino Mensch nel 1996 aveva consegnato al magistrato elvetico Carla Dal Ponte, una lista di movimentazioni da lui effettuate su istruzioni dei Rovelli, lista che pero riportava uno spazio bianco in luogo di tre operazioni che, come emerge successivamente, sono dazioni in favore degli avvocati a fine di corruzione. Un report della Transparency International Italia – Associazione contro la corruzione del maggio 2017, dal titolo Identità Nascoste – Trasparenza dei titolari effettivi per contrastare corruzione e riciclaggio in Italia, riporta a pag. 23 il grafico “La catena iniziale del riciclaggio”, in cui emerge che Mensch era peraltro beneficiario di conti correnti presso la Banca Commerciale di Lugano sui quali ha incassato dai Rovelli, rectius ha bonificato a se stesso, almeno 5 milioni di Franchi svizzeri.

 

 

Il Registro delle Imprese del Canton Ticino mostra che Rubino Mensch è stato anche Presidente della Banca Commerciale di Lugano dalla sua costituzione nel 1963 fino al 2002, avendo come compagno di banco nel Consiglio di Amminstrazione, tra gli altri, Oscar Rovelli, figlio del patron della SIR, Nino, arrestato negli Stati Uniti proprio nel corso del processo.

 

Pochi invece ricordano che lo stesso Rubino Mensch nel 1984 viene chiamato insieme a Karl G. Burkhardt al ruolo di amministratore della Banca Rasini, che poi viene ceduta a Nino Rovelli. Ma nel 1984 dominus della Banca Rasini è la famiglia Azzaretto da Misilmeri (Sicilia) che aveva di fatto estromesso la famiglia Rasini. La Banca Rasini era nota per aver finanziato le prime attività immobiliari di Silvio Berlusconi al fianco di altre società svizzere, tra le altre, la Cofigen SA e dalla Fidinam attraverso la Fimo.

La Cogingen SA era controllata al 50% dalla BSI – Banca della Svizzera Italiana, di Tito Tettamanti e la al 48% dalla PKB Privat Kredit Bank, oggi PKB Privatbank. La PKB riporta all’83% alla Cofi – Compagnie de l’Occident pour la Finale et l’Industrie, controllata a sua volta dalla Cassa Lombarda e ancora una volta dalla BSI di Tettamanti.

Tito

La Fidinam aveva come vicepresidente Tito Tettamanti e tra i membri del CdA vi è Giangiorgio Spiess. Quest’ultimo insieme all’avvocato Brenno Brunoni e con l’omonimo Studio Legale erano intestatari per conto terzi del conto Protezione di Licio Gelli, omologo del conto Primavera presso Banca Etruria. Brunoni e Spiess saranno anche coinvolti nello scandalo Parmalat in quanto custodi di conti di Calisto Tanzi.

 

Per esser chiari, Tettamanti, Spiess e Brunoni sono nomi ben conosciuti dalla Procura di Milano, in quanto (Corriere della Sera, 16 febbraio 2004):

I gemelli del crac ora detenuti, Calisto Tanzi e Sergio Cragnotti, hanno usato negli stessi anni la stessa rete di fiduciari svizzeri per «schermare» le più spericolate operazioni finanziarie, dal Lussemburgo alle isole Cayman, e per manovrare di nascosto dal mercato, e dunque illegalmente, su titoli quotati in Borsa. L’ ennesimo incrocio tra le bancarotte Cirio e Parmalat porta a Lugano, nella sede della «Fidinam holding SA», una delle più importanti finanziarie elvetiche. Come presidente compare Giangiorgio Spiess, lo stesso professionista che – come ha dovuto rivelare ai pm l’ ex avvocato di Tanzi, Michele Ributti, ora indagato per riciclaggio – è fin dal ‘ 92 il «fiduciario», cioè l’ intestatario formale, di un conto svizzero che ha per «beneficiario economico Calisto Tanzi». … Lo studio Spiess, secondo i verbali milanesi, gestiva anche i prelievi dal conto Pkb e il trasporto dei soldi: «Da 20 a 200 milioni di lire alla volta che mi facevano consegnare a Milano in contanti», ha ammesso Ributti. E in questo studio di Lugano è «domiciliata» anche Parmalat International SA, una delle due controllate elvetiche della multinazionale del latte. I tre consiglieri d’ amministrazione, prima del crac, erano l’ ex direttore finanziario Fausto Tonna, l’ ex giornalista Gianguido Oliva e l’ avvocato Spiess. Che è anche consigliere d’ amministrazione e componente del comitato esecutivo della banca Pkb. … Spiess aveva iniziato la sua carriera nel 1960 con Tito Tettamanti, che poi si è affermato come finanziere internazionale. L’ ex studio Spiess Tettamanti ora è cointestato ai nuovi «partner» [BMA – Brunoni, Mottis e Associati]. Ma il sodalizio continua nella finanza: Tettamanti risulta tuttora vicepresidente della stessa «Fidinam Holding SA» presieduta da Spiess. Il pm milanese Francesco Greco, che oggi indaga su Parmalat, si era imbattuto proprio nella Fidinam nel ‘ 93, durante l’ inchiesta sul crac Gardini-Ferruzzi. Cragnotti, nel ‘ 90, era l’ amministratore di Enimont. E ha dovuto rispondere ai pm, fra tangenti e fondi neri, anche di un’ antieconomica compravendita di azioni realizzata da «Enimont Finance Overseas» delle Cayman. Mentre Gardini scalava la società mista Eni-Montedison, un misterioso rastrellatore si è ritrovato, con le azioni Enimont in caduta, a rischiare un «bagno» di 10 miliardi di lire. E ha evitato la perdita appunto grazie alla Enimont «caimana» (diretta da Roberto Marziale, poi passato alla Cragnotti & partners), che gli ha ricomprato il pacchetto tramite la «Calas AG» per rivenderlo alla «Clubeira» di Vaduz il 9 novembre ‘ 90, ultimo giorno utile per sfuggire al blocco delle azioni deciso dal giudice corrotto Diego Curtò. Ebbene: la Clubeira era una creatura Fidinam, come la Calas, e con la «Valina Fidinam SA» è poi rispuntata nel processo Cusani: i manager di Gardini le usarono per «prestiti a soggetti esterni» cioè per far uscire fondi neri. Arrestato per Enimont, Cragnotti ha confessato e patteggiato. Mentre i fiduciari svizzeri della Fidinam sono rimasti estranei all’ inchiesta penale … Ad accompagnare Tanzi in Lussemburgo nel ‘ 92 per aprire la «società di schermatura del conto svizzero» (Cimob), infatti, fu Spiess come avvocato e non come banchiere.

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Tito Tettamanti, le società svizzere, inglesi e offshore, e altri personaggi direttamente legati a vicende fin qui già ricordate come quella dei Ligresti, sono alla ribalta in Italia e in Europa anche per un’altra vicenda rilevantissima, quella relativa allo smaltimento illegale dei rifiuti. Un articolo pubblicato da La Repubblica il 24 settembre 1997 riporta di

Una rete capillare di relazioni che per la prima volta gli ambientalisti di Greenpeace hanno ricostruito portando alla ribalta legami inediti e collegando anche spezzoni di verità emersi dalle numerose inchieste condotte dalla magistratura italiana negli ultimi anni ma non ancora approfonditi … Dalle 40 pagine del rapporto, anticipate da Repubblica, spuntano personaggi ben conosciuti nel mondo degli affari. Alcuni, come il finanziere ticinese Tito Tettamanti (in passato socio dell’ ex amministratore delegato della Fiat, Vittorio Ghidella), risultano protagonisti. Altri, come l’ avvocato inglese David Mills (titolare di un bene avviato studio nella City londinese, coinvolto nell’ inchiesta della magistratura milanese sulla All Iberian, capofila dei fondi neri del gruppo Berlsuconi) e l’ avvocato Marco Gambazzi di Lugano (protagonista delle vicende azionarie al vertice della Sai di Salvatore Ligresti), emergono per il ruolo svolto come professionisti. Altri ancora, come Giuseppe Berlini, il tesoriere dei fondi neri Ferruzzi-Gardini che operava da Losanna, sono citati per collegamenti marginali. … secondo gli ambientalisti tali profitti “vengono riciclati all’ interno di attività legittime grazie all’ opera di finanziarie e fiduciarie svizzere, inglesi, italiane che, a loro volta, hanno costituito una rete di società offshore a Panama, Isole del Canale, Isole Vergini britanniche, Liechtenstein e Irlanda”. Una organizzazione “in continua evoluzione” che conta sull’ appoggio determinante di personaggi del mondo degli affari ma di cui fanno parte “alcuni membri sospettati di appartenere a logge massoniche coperte o di lavorare per conto di Cosa Nostra“. Punto di partenza della mappa ricostruita dal movimento ambientalista è il progetto Oceanic disposal management (Odm) che tra il 1987 e il 1996 ha esportato tramite società svizzere, tedesche, italiane, austriache e statunitensi migliaia di tonnellate di rifiuti in Romania, Libano, Venezuela, impostando operazioni analoghe in Brasile, El Salvador, Messico e Paraguay. … Tettamanti viene considerato un personaggio chiave e a proposito della Fidinam, la fiduciaria che rappresenta il cuore del suo gruppo, si denuncia “il diretto coinvolgimento nei traffici internazionali di rifiuti”. Presso lo studio londinese di David Mills vengono gestite diverse società finite nel mirino di Greenpeace nonché, sempre secondo il rapporto, “facenti capo ad un potente uomo d’ affari, Filippo Dollfus, attualmente investigato dalla procura della Repubblica di Palermo per corruzione e associazione a delinquere di stampo mafioso”. … Di Berlini si parla a pagina 19 del rapporto ricordando che, come lui stesso ha dichiarato nel corso di un interrogatorio effettuato dal pubblico ministero Antonio Di Pietro, la Valina etablissement (Liechtenstein) “insieme alla Fidinam faceva parte della lista di società utilizzate dal gruppo Ferruzzi per organizzare e gestire in maniera occulta i propri fondi esteri“. La Valina, citata più volte nel rapporto, è azionista minore di una finanziaria protagonista dei traffici di rifiuti, la Vilton trading (collegata, secondo Greenpeace, ad attività di Tettamanti e Gambazzi).

 

Ma torniamo al Cav. Ramazzotti e agli anni Settanta. Oltre a spostare il nucleo familiare in Svizzera, al Cav. Ramazzotti viene consigliato da Trinca e da Mensch (per conto di Maranghi) di razionalizzare il proprio patrimonio. Il Cav. Ramazzotti nel 1962 aveva costituito la società Michi Invest SA che deteneva un appartamento a Sankt Moritz. Ma la società dei Grigioni deteneva anche il 68% circa di una società italiana, la Immobiliare Andronica. Il Cav. Ramazzotti vuole scorporare la quota Andronica dalla società di Sankt Moritz, anche al fine di cominciare a disporre in vita dei propri averi. Infatti Michi Invest SA farà parte dell’asse ereditario a favore degli eredi che, come si vedrà, nel 2005 alla morte del Cavaliere sono i nipoti Guido e Gaia Castellini Baldissera. Lo stesso Cav. Ramazzotti vuole invece destinare diversamente dall’eredità la società Immobiliare Andronica. Questa necessità del Cav. Ramazzotti rappresenta un’occasione da non perdere per coloro che gli avevano affiancato persone esterne per la gestione del patrimonio.

L’eterodirezione e gli invadenti consigli convincono infatti il Cav. Ramazzotti a scorporare la quota Andronica da Michi Invest SA. Ma il trasferimento dell’intestazione della quota di Immobiliare Andronica avviene mediante girate del Console d’Italia in Lugano, verso il Credito Svizzero, sede di Chiasso, nel novembre 1976, e alquanto stranamente il libro soci della società Andronica mostra che l’iscrizione di questo trasferimento è stata effettuata solo due anni dopo, ossia nel settembre 1978. Ma le stranezze non finiscono qui. Il libro soci riporta che in data 3 febbraio 1978, ossia sette mesi prima della precedente iscrizione (?), il Credito Svizzero sede di Chiasso ha girato le stesse azioni alla società … Urtrust SA, come visto amministrata da Pierfranco Riva  e Niccolò Lucchini, con sede presso lo studio di quest’ultimo in via Pretorio, 7, Lugano, e come visto al centro delle indagini della Procura di Milano in quanto sospettata di far parte del reticolo di società estere detenute da Mediobanca fuori bilancio e usate per accumulare fondi neri, e Urtrust il cui referente per l’Italia è sospettato essere il commercialista Salvatore Spiniello, genero di Giuseppe Dattilo, ex funzionario dell’intendenza di finanza e uomo di fiducia di Cuccia, tanto da esserne esecutore testamentario.

 

 

 

Incomprensibile la necessità del passaggio attraverso il Credito Svizzero di Chiasso ed il coinvolgimento del Console d’Italia a Lugano, essendo la quota già in mani svizzere (Michi Invest SA – Sankt Moritz) e poi passata ancora in mani Svizzere (Urtrust SA, all’epoca a Bellinzona).

È sempre con la partecipazione del Console d’Italia a Lugano che nell’ottobre 1980 l’intestazione della stessa quota viene trasferita da Urtrust  alla Tadelmo AG.  Membro del CdA di Tadelmo AG è ai tempi, Walter von Wyl, anche membro del CdA della SBSI Holding SA, in altri tempi nota come BSI – Banca della Svizzera Italiana di Tito Tettamanti.

 

 

Nei primi anni Ottanta viene avviato anche il processo di dismissione della Fratelli Ramazzotti, a cura ovviamente dell’onnipresente Vincenzo Maranghi. In preparazione di ciò, già a settembre 1980 il 2,5% di Andronica che era intestato alla SIPAD – Società Investimenti Produttori Alcool e Derivati SpA era stato intestato direttamente ad Anna Ramazzotti.

La Fratelli Ramazzotti viene definitivamente ceduta al gruppo Pernod Ricard nel 1985 e nonostante ciò le mani sulla Ramazzotti non si fermano qui. Da un lato, infatti, il Cav. Ramazzotti cede il posto nel CdA di Immobiliare Andronica a Rubino Mensch. Dall’altro invece, Anna Ramazzotti viene consigliata sempre da Mensch sulla destinazione del corrispettivo incassato dalla propria quota della Fratelli Ramazzotti, il corrispondente in Lire di circa 70 miliardi di Euro. È così che nell’ottobre 1985 viene costituita a Vaduz la Fondazione Ivoria Stiftung, con Rubino Mensch a presiederla. Parallelamente, come visto, Anna Ramazzotti rimane socia del 5% di Andronica, come somma del 2,5% che aveva sempre avuto e dell’altro 2,5% derivatole dalla controllata della Fratelli Ramazzotti, la SIPAD SpA.

La Stiftung è di fatto una fondazione di famiglia, con alcune peculiarità che la distinguono dal trust. La Stiftung viene ad esistere con il conferimento del patrimonio da parte del fondatore. Da quel momento si ha la separazione tra il patrimonio personale del fondatore e quello della fondazione. Quest’ultimo può essere gestito esclusivamente dal Consiglio di Fondazione, che deve agire seguendo le leggi e le regole stabilite nello Statuto e nei Regolamenti, che possono essere decisi e modificati solo dal fondatore.

 

 

Ma questo non è il momento di parlare della fondazione del Liechtenstein.

Nell’ottobre 1986, un anno dopo la costituzione della Stiftung a Vaduz, Rubino Mensch costituisce nel Regno Unito la Baker Street Services Limited, amministrata da Jordan & Sons Directors Ltd., e a fare da segretario a Baker Street Services Ltd. è Jordan Nominees Ltd., entrambe le società con sede all’Isola di Man.

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Il libro soci di Andronica riporta, con l’iscrizione del 20 maggio 1987, che il precedente 12 maggio la Tadelmo SA ha trasferito l’intestazione del 68% di Andronica a Baker Street Services Limited. La comunicazione perviene dalla Banca Commerciale Italiana, sede di Milano, e questa volta non è coinvolto nessun console né ambasciatore, nonostante la quota di maggioranza di una società italiana sia passata formalmente dalla Svizzera al Regno Unito. Cosa c’entra poi la Banca Commerciale Italiana di Milano con una transazione tra un soggetto svizzero ed uno britannico, rimane uno dei tanti misteri apparentemente inspiegabili.

Nel frattempo, nel 1989, Anna Ramazzotti si separa dal secondo marito, Andrea Taverna, con un accordo avanti il Tribunale di Milano. Di conseguenza, la signora Ramazzotti insieme a Rubino Mensch aveva proceduto a modificare il Regolamento della fondazione del Liechtenstein. I beneficiari della fondazione, fino a quel momento sono Guido e Gaia Castellini Baldissera, figli di Anna Ramazzotti e, appunto, Andrea Taverna, quest’ultimo con l’esclusivo beneficio sulle sostanze contenute in uno dei conti intestati alla Fondazione. A seguito della separazione, Andrea Taverna esce dal novero dei beneficiari della Fondazione, mentre Guido e Gaia restano beneficiari.

 

 

Nel 1990 Anna procede con le sue disposizioni in vita, intestando direttamente ed esclusivamente a sua figlia Gaia Castellini Baldissera la nuda proprietà del suo 5% di Andronica, e mantenendone l’usufrutto.

Il 1993 è un anno particolare in Italia, visto lo strascico di Mani Pulite, e non solo. La seconda metà degli anni Ottanta era stata caratterizzata dalle indagini della Procura di Milano sui fondi neri gestiti da Mediobanca: prima quelli di provenienza IRI, Italstrade e Scai, poi quelli relativi al reticolo di società italiane ed estere nell’orbita Mediobanca, tra cui Urtrust SA e Intersomer. Inoltre lo scandalo Mani Pulite sta per avere una svolta pesante, relativo alla Montedison.

Nella puntata del documentario Atlantide riguardo Mani Pulite mandato in onda su La7 il 29 novembre 2018, l’ex magistrato Antonio Di Pietro ha dichiarato riguardo la maxi tangente Enimont che la maggior parte dell’importo non solo non è mai stato recuperato, ma nemmeno individuato. Ha aggiunto di avere un’idea abbastanza precisa sulla destinazione di quei denari.

Fabio Tamburini il 4 aprile del 1996 scrive su La Repubblica

Mediobanca è entrata nell’inchiesta sulla Ferruzzi sulla scorta delle deposizioni e dei memoriali di Roberto Magnani, l’ex direttore della Ferfin. L’amministratore delegato della Montedison, Carlo Sama, e il finanziere Sergio Cusani (che ha incassato una condanna pesante per le tangenti Enimont) hanno poi accusato i vertici dell’istituto di via Filodrammatici di avere taciuto per un lungo periodo il reale stato finanziario del gruppo Ferruzzi. Ufficialmente Mediobanca e le grandi banche sono entrate in scena nel giugno 1993. In realtà, secondo le rivelazioni e i documenti prodotti da Magnani, gli uomini di via Filodrammatici erano informati della situazione reale dei conti fin dalle prime settimane del 1993. In particolare ai dirigenti di Mediobanca è contestato il fatto di essere a conoscenza del buco da 435 miliaridi nei conti Montedison e Ferfin, mascherato nei bilanci 1992

Paolo Cirino Pomicino, con lo pseudonimo “Geronimo” in Strettamente Riservato (Mondadori, maggio 2000) ha scritto

Pino Berlini, l’uomo della finanza parallela di Gardini disse al Pool di Milano che, nella fase in cui furono varati la joint venture di Enimont e il decreto di defiscalizzazione, vennero elargiti 8 miliardi. Tale circostanza è stata confermata da Pippo Garofano e dallo stesso Cusani. Spiega Garofano a Di Pietro: «Al momento della costituzione di Enimont avevamo pagato del denaro sulla promessa pubblicamente fatta dal governo De Mita di defiscalizzare gli oneri fiscali». Di quegli otto miliardi uno è finito certamente a Botteghe Oscure. E gli altri 7? … A Severino Citaristi, tesoriere della Dc, non è stato addebitato questo fatto, così come di questo non fu accusato Bettino Craxi. E allora a chi finirono questi soldi? Perché il Pool di Milano, Antonio Di Pietro in testa, non fece alcuna indagine sull’argomento? O, se per caso le fece, quali furono i risultati? Non si sa nulla. … Eppure i magistrati, quando vollero conoscere qualcosa del secondo finanziamento illecito, quello che qui chiameremo Enimont 2, riuscirono a sapere tutto, anche ricorrendo a minacce e arresti. Perché non si è andati a fondo, nello stesso modo, anche su Enimont 1? … La vera storia di Enimont è solo la punta di un iceberg che si chiama Eni. All’interno della società, gestita per anni da Franco Bernabè, s’intrecciano da sempre mastodontici interessi, italiani e stranieri. E troppe domande non hanno mai avuto risposta. …  Nella primavera 1994 sono stato interrogato a Milano, sempre per la vicenda dei Cct Enimont, dal brigadiere della Guardia di Finanza Scaletta, stretto collaboratore di Di Pietro. Avevamo familiarizzato e, a un certo punto, mi confidò: «Sapete una cosa onorevole? Abbiamo appena scoperto 500 miliardi di fondi neri dell’Eni. Soldi che non sono mai arrivati ai politici. La prossima settimana arresteremo Bernabè». A me, sinceramente, dispiaceva; e fui contento quando vidi che, al contrario, Bernabè non fu mai arrestato. Però mi è rimasto un dubbio. Così, a dicembre dello stesso anno, quando vidi Di Pietro gli raccontai la vicenda. E lui pensieroso: «Quello è un territorio su cui è difficile muoversi. Rischia di saltare tutto». In effetti l’Eni era da sempre una zona franca. All’Eni, da sempre, si mescolavano delicate relazioni internazionali, forti interessi economici e il gran lavoro dei servizi segreti.

 

 

Il Resto del Carlino, il 25 luglio 1993, riporta

L’onorevole Antonio Pappalardo intende chiedere la riesumazione del corpo di Franco Piga «per stabilire se veramente il ministro delle partecipazioni statali all’epoca della vicenda Enimont sia morto d’infarto». Lo ha detto dopo una visita nel carcere di Opera, all’ex presidente della Montedison, Giuseppe Garofano. «Dopo tutte queste morti – ha spiegato – Garofano è rimasto uno dei pochi testimoni della vicenda Enimont». Ha ricordato le morti di Gardini, Cagliari e Sergio Castellari, sulla cui fine chiede indagini approfondite perché è un episodio che, «forte della mia esperienza di colonnello dei Carabinieri, non mi sento di definire un semplice suicidio». Pappalardo ha espresso perplessità anche sulle modalità del suicidio di Cagliari.

Arrestato nel marzo 1993 per una vicenda, mentre era detenuto Gabriele Cagliari viene raggiunto da due ulteriori ordini di custodia cautelare per altre due vicende distinte dalla prima. Nel luglio 1993 il primo dei tre ordini viene revocato e il secondo trasformato in ordine di arresti domiciliari. Il 13 luglio, Salvatore Ligresti era stato sentito dagli inquirenti, dichiara di aver trattato direttamente con Gabriele Cagliari per l’appalto ENI-SAI. Due giorni dopo, il 15 luglio, Cagliari chiede di essere sentito, motivando così la sua richiesta

Non ho voluto dire quale sia stata la storia non ufficiale dell’operazione Sai perché credo che come ex presidente di un ente fossi tenuto ad una sorta di tutela dell’immagine dell’ente. Sono quasi 140 giorni che mi trovo a San Vittore ma finora ho sempre voluto tutelare quell’area di riservatezza che si accompagna ad alcune vicende. D’altra parte mi riesce psicologicamente ed eticamente difficile assumere atteggiamenti processuali che seppure possono tornarmi utili finiscono per coinvolgere altre persone, magari miei collaboratori o persone che conosco da anni. So dalla stampa che Ligresti ha probabilmente chiarito in buona parte la vicenda Eni-Sai. Mi sembra ingiustificato tutelare un segreto che non è più tale.

Cagliari aveva cominciato a parlare. Ma probabilmente ciò che avrebbe detto avrebbe scomodato qualcuno o qualcosa che non si poteva e non si può scomodare. Ancora oggi.

 

 

Il 20 luglio 1993, mentre era ancora in attesa della decisione del GIP in merito al terzo degli ordini di custodia cautelare, viene ritrovato morto nella sua cella. La morte viene archiviata come suicidio.

Per Raul Gardini i PM Di Pietro, Davigo e Greco (attuale capo della Procura di Milano) richiedono l’arresto una prima volta il 5 luglio 1993, richiesta che viene negata dal GIP per insufficienza di prove. I PM chiedono nuovamente l’arresto la sera del 21 luglio e questa volta il GIP lo concede. Ma gli avvocati di Gardini avevano già parlato con Di Pietro che si era impegnato ad interrogarlo in una caserma e ad evitargli inizialmente il carcere. Il tutto è confermato dall’agenda di Gardini ritrovata da L’Espresso, nella quale per la giornata del 23 luglio figurano due impegni: le esequie di Gabriele Cagliari e l’interrogatorio con Di Pietro. Ma Gardini alle 8.00 della mattina del 23 luglio muore. Nulla di quanto visto giustificherebbe il suicidio di un uomo che  aveva dichiarato

Personalmente sono dell’idea che la vita debba essere vissuta fino in fondo e non per finta, anche se talvolta c’è da farsi venire il mal di stomaco.

 

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Ancor meno il suicidio può essere giusitficato visto il fatto che il corpo di Raul Gardini è stato ritrovato sul letto della sua casa al piano terra del Palazzo Belgiojoso nell’omonima piazza di Milano, mentre la pistola con la quale si sarebbe suicidato è stata trovata comodamente adagiata sul comodino ed è emerso che tale pistola ha esploso due colpi!

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Il giornalista Paolucci su La Stampa, circa un anno fa, nel dicembre 2017, scrive

Anna Ramazzotti, vedova Castellini Baldissera, muore ad Agno, nei pressi di Lugano, il 25 luglio del 1993. Il cadavere viene trovato nella sua auto, con un sacchetto in testa e alcune confezioni vuote di barbiturici. … Il caso viene archiviato come suicidio, come due giorni prima quello di Raul Gardini e cinque giorni prima quello di Guido Cagliari.

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Ciò di cui il giornalista non è a conoscenza è il fatto che, al pari di Gardini, anche Anna Ramazzotti nella sua ultima telefonata al suo ex marito Andrea Taverna si era dichiarata scossa dal suicidio Cagliari. D’altro canto Anna Ramazzotti non c’entrava niente con le tangenti e a leggere il verbale d’interrogatorio cui era stato sottoposto Cagliari, nemmeno Gardini aveva da temere, visto che il suo nome non era riportato né si faceva riferimento in alcun modo ad Enimont.

Il giornalista nemmeno sa che il corpo di Anna Ramazzotti viene ritrovato sulla collina di Agno da suo figlio Guido Castellini Baldissera, accompagnato sul luogo in auto da suo zio Vincenzo Maranghi.

Ma i conti non tornano. Guido racconta alle autorità di aver avuto un brutto presentimento quella mattina e di aver provato a telefonare a sua madre al telefono della casa di Lugano. Non avendo ricevuto risposta ha chiesto a suo zio Vincenzo di accompagnarlo a Lugano. Il problema è che in quel periodo l’autostrada che collega Milano a Lugano è ad una sola corsia e che Anna ha a disposizione tre abitazioni a Lugano. Calcolando il tempo intercorso tra l’orario in cui Guido di essere partito con Maranghi da Milano e l’orario di ritrovamento, sarebbe stato necessario un teletrasporto ai due “frontalieri” per riuscire a ritrovare Anna in quel luogo a quell’ora.

Anche in questo caso la morte viene archiviata come suicidio. Non un’autopsia, non un esame tossicologico che, pur richiedendo tempi lunghi a quell’epoca, avrebbe almeno chiarito la presenza delle confezioni di barbiturici (ammesso che una persona possa soffocarsi da sé avendo la forza di stringersi intorno la capo un sacchetto di plastica dopo aver ingurgitato tale dose di barbiturici!). La tumulazione del corpo di Anna avviene al cimitero monumentale di Milano dopo meno di una settimana dal ritrovamento del corpo,.

Nel 1992, un anno prima della sua morte, Anna aveva avuto bisogno di cure e – ricoverata – aveva indirizzato sua figlia Gaia presso Rubino Mensch per farsi indicare dove reperire risorse necessarie al ricovero. Mensch aveva risposto che i soldi erano finiti. Una volta uscita dalla clinica Anna aveva cominciato a far domande in merito al suo patrimonio, ricevendone sempre risposte interlocutorie. Non si può non notare che il patrimonio conferito da Anna Ramazzotti a Ivoria Stiftung nel 1985, e destinato ai suoi figli dopo la sua morte, ammonta a circa venti volte la parte della tangente Enimont che non è arrivata ad alcun partito ma è transitata su conti e società offshore: 70 milioni di Euro contro 7 miliardi di Lire. Dove possano essere finiti quei soldi nel 1992 – ammesso fosse vero quanto riferito da Mensch – nel giro di sette anni, è cosa di difficile comprensione.

I meglio informati sostengono che dopo la separazione con Andrea Taverna, Anna Ramazzotti riceveva a Lugano ogni giovedì la visita di un non invitato Vincenzo Maranghi che controllava le spese e teneva rendicontazione. Deve comunque trattarsi di lavoro, per il banchiere, essendo famoso giornalisticamente per non aver goduto mai di un giorno di ferie durante la sua carriera in Mediobanca. E di trasferta di lavoro si era evidentemente trattato anche nel caso del luglio 1993, in occasione del ritrovamento del cadavere di Anna Ramazzotti.

Dopo la morte di Anna Ramazzotti vi è un susseguirsi di eventi. Nel febbraio 1995 la figlia di Anna Ramazzotti, Gaia Castellini Baldissera, viene consigliata da Vincenzo Maranghi di prendere contatti con Rubino Mensch per trasferire l’intestazione del suo 5% in Andronica alla società Baker Street Services Ltd., società che Mensch rappresenta alla stessa Gaia e al nonno Cavalier Guido Ramazzotti essere schermo per preservare il loro anonimato quali titolari effettivi di Andronica.

Il passaggio dell’intestazione della quota Andronica di Gaia Castellini Baldissera a Baker Street Services Ltd. avviene con rogito del notaio Ernesto Vismara in Milano. Per conto di Baker Street Services Ltd. compare il dott. Carlo Brunelli, amministratore di Andronica sulla scorta di una Procura Generale rilasciatagli da Rubino Mensch qualificato Procuratore a sua volta di Baker Street Services Limited. Ma quest’ultima procura non esiste, né è allegata all’atto notarile. Né, guardando i documenti pubblici al Registro delle Imprese britannico, Rubino Mensch aveva alcuna carica né potere di rappresentanza legale per conto di Baker Street Services Limited, che potesse validare l’esistenza della Procura menzionata.

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Stando al Libro Soci Andronica, il Cav. Ramazzotti avrebbe fatto lo stesso con il 27% di Andronica che aveva sempre mantenuto intestato direttamente a sé fino ai primi mesi del 1995. Ma anche in questo caso cìè qualcosa che non torna. Il libro soci della società italiana, infatti riporta con iscrizione del 15 marzo 1995 il trasferimento dell’intestazione della quota dal Cav. Ramazzotti a Baker Street Services Ltd. che sarebbe stato rogitato avanti il notaio Ernesto Vismara il 22 aprile 1995 e che atto notarile che sarebbe stato depositato presso la Cancelleria del Tribunale di Milano il 14 marzo 1995. Come è possibile che un atto fatto ad aprile sia stato depositato al Tribunale ed iscritto al Libro Soci un mese prima?

In quel momento è stata aperta la porta ad altri che si sono seduti ed appropriati della società, a dispetto di quelle che erano state le volontà dello stesso Cavalier Ramazzotti e della defunta Anna Ramazzotti.

Passaggio Mensch Guido IA

Il Registro delle Imprese di Milano informa che Rubino Mensch aveva già ceduto nel 1994 il proprio posto nel Consiglio di amministrazione Andronica a Guido Castellini Baldissera. Non è l’unico passaggio di consegne fatto da Rubino Mensch. Nel giugno 1995 Vincenzo Maranghi indirizza Guido e Gaia Castellini Baldissera dall’avv. Pierfranco Riva a Lugano, nonostante in quel momento l’avvocato Riva non sia né sia mai stato fiduciario della famiglia Ramazzotti. L’avv. Riva rappresenta a Guido e Gaia l’esistenza di una fondazione che non si chiama Ivoria, bensì Davenia Stiftung, costituita da Anna Ramazzotti nel 1985 e che necessita delle dovute iniziative a seguito della morte della fondatrice. Viene redatto un Regolamento della fondazione Davenia Stiftung, la cui epigrafe è un rompicapo per qualsiasi giurista del Liechtenstein. Viene infatti scritto che a seguito della morte della fondatrice e prima beneficiaria Anna Ramazzotti, i figli Guido e Gaia Castellini Baldissera le subentrano in pieni poteri, laddove su una cosa il codice civile del Liechtenstein è chiaro, ossia sul fatto che l’unico primo beneficiario è il fondatore anche dopo la sua morte e nessuno può mai subentrare nei suoi poteri. Al fondatore e primo beneficiario, infatti, spettano determinati diritti esclusivi di tale titolo, come la possibilità di cambiare il Regolamento e gli Statuti e quello di chiedere lo scioglimento della Fondazione, diritti che non spettano ai secondi beneficiari.

 

 

 

Non solo. Il Regolamento del 1995 della fondazione Davenia prevede che i beneficiari Guido e Gaia Castellini Baldissera possano impartire istruzioni al Consiglio di Fondazione sulla gestione del patrimonio. Questo è l’elemento che più di tutti distingue un trust da una Stiftung, in quanto nel primo vi è un rapporto fiduciario e il fiduciario prende istruzioni dal fiduciante, nel secondo invece il fulcro del tutto è il patrimonio che può essere amministrato solo dal Consiglio di Fondazione che deve attenersi alla legge, ai Regolamenti e agli Statuti.

A fugare ogni dubbio circa lo schema seguito per volontà di Vincenzo Maranghi, simile a quello tentato sulla Lombardona e in altri casi, nel Regolamento Davenia Stiftung del 1995 si legge che in caso di premorienza di entrambi i beneficiari, non subentrano gli eredi degli stessi, ma Vincenzo Maranghi, Letizia Castellini Baldissera e la San Lorenzo SpA. Formalmente, questo è un ladrocinio. Cosa c’entra la famiglia Castellini Baldissera e gli affini (il banchiere Maranghi) o la San Lorenzo SpA, sempre nell’alveo della famiglia Castellini Baldissera, con un patrimonio derivato dalla famiglia Ramazzotti? Bisognerebbe chiederlo proprio all’avv. Riva e all’avv. Mensch che controfirma tale Regolamento per siglare il passaggio di consegne a favore di Riva e Lucchini, personaggi dei quali si è già vista l’organicità al sistema Mediobanca anche nel caso dell’aggiotaggio Premafin.

Come pure accennato dall’articolista Paolucci su La Stampa, solo grazie a un lavoro dei consulenti di Gaia a partire dal 2009 si è scoperto i due Regolamenti Ivoria Stiftung del 1985 e 1989. Nel 1995, quindi, quando Gaia e Guido sono chiamati su indicazione di Maranghi da Riva (nuovo Presidente Davenia, con Niccolò Lucchini consigliere e segretario della fondazione), non si è a conoscenza del fatto che Davenia almeno fino al 1989 si chiamava Ivoria, così come non si era a conoscenza (almeno non ne era a conoscenza di Gaia) che l’art. 4 del Regolamento del 1989 Ivoria Stiftung prevedeva che dopo la morte di Anna Ramazzotti non era più possibile ad alcuno modificare nemmeno in parte il Regolamento vigente. Essendo quindi Anna Ramazzotti morta nel 1993, il Regolamento del 1995 e i due che sarebbero succeduti sono invalidi.

 

 

Ma il 1995 non è finito, purtroppo. Dal Registro delle imprese di Milano si apprende che il 9 ottobre di quell’anno compare avanti il Notaio Monica Zara in Milano la signora Patrizia Novella,

che rinuncia alla assistenza dei testimoni e mi dichiara che in questo giorno, luogo e data è stata regolarmente convocata l’assemblea straordinaria della società Immobiliare Andronica Srl, con sede in Milano, Galleria San Babila n. 4/b.

L’ordine de giorno, si apprende, consiste in una parte straordinaria e in una parte ordinaria, e consta dei punti

Trasformazione in società per azioni;

trasferimento della sede legale in Galleria del Corso n. 2;

dimissioni del consiglio di amministrazione e nomina dell’amministratore unico nella persona di Castellini Baldissera Guido;

dimissioni del collegio sindacale e sua sostituzione.

Già risulta strano che nel punto all’ordine del giorno relativa alla sostituzione dell’organo amministrativo, vi sia già riportato il nome del nuovo amministratore designato. Ma questo è il minimo!

Si legge infatti

Assume la presidenza per elezione dell’assemblea la comparente la quale constata che … È intervenuto per delega n. un socio rappresentante l’intero capitale sociale, il presidente esibisce quindi l’elenco analitico dei nuovi soci da lui firmato, questo elenco verrà a sua cura conservato agli atti della società e trascritto nel libro verbali delle assemblee con il presente verbale; che è assente l’intero consiglio di amministrazione; che è assente l’intero collegio sindacale, per cui dichiara valida l’assemblea per deliberare.

Quindi non solo non vi è una copia della delega con la quale la signora Novella rappresenterebbe il socio unico Baker Street Services Limited in assemblea. ma è inoltre evidentemente incomprensibile come sia possibile che una persona totalmente esterna alla società, come la signora Novella, possa essere in possesso del Libro Soci e quale sia il suo titolo per firmarlo, dal momento che il Libro Soci è solo e solamente nelle mani del legale rappresentante della società. Addirittura la signora Novella assume la Presidenza dell’assemblea per elezione … votata da se stessa!

Come si faccia poi a dichiarare validamente costituita e atta a deliberare un’assemblea che è un semplice incontro tra un notaio e una impiegata, qualcuno dovrebbe pur chiederselo, vista l’assenza di qualsiasi organo societario!

A spiegare queste irregolarità, forse, basta notare che la signora Patrizia Novella altri non è che una impiegata dello Studio Spiniello; che il cambio di sede legale corrisponde al trasloco dello Studio Spiniello, presso cui la società è, appunto, domiciliata; che il collegio sindacale nominato in quella fase è costituito dal Presidente Giuseppe Dattilo e dai sindaci effettivi Maurizio Dattilo (figlio di Giuseppe) e Salvatore Spiniello. Non si tratta di omonimia! Giuseppe Dattilo è l’ex funzionario dell’intendenza di finanza diventato commercialista di fiducia di Mediobanca, tanto da essere esecutore testamentario di Enrico Cuccia, già arrestato, insieme a Lorenzetti per l’operazione con la quale Selma Bipielle finisce in Compass, società del gruppo Mediobanca, operazione cui le cronache giornalistiche dell’epoca collegavano proprio Salvatore Spiniello, referente italiano di quella Urtrust SA amministrata da Pierfranco Riva e Niccolò Lucchini, parte del reticolo di società che Mediobanca controllava fuori bilancio attraverso Spafid e usava per accumulare fondi neri, la cui destinazione per la maggior parte risulta sconosciuta ancora oggi.

Ma le mani sul patrimonio della famiglia Ramazzotti non si fermano, e arrivano anche sulle proprietà toscane.

Nell’accordo di separazione raggiunto nel 1989 da Anna Ramazzorri e Andrea Taverna avanti il Tribunale si Milano, la signora Anna concede ad signor Taverna il beneficio di occupare e abitare il podere Il Cammillo, che si trova in Castagneto Carducci, zona Bolgheri.

Nel settembre 1993, dopo la morte di Anna Ramazzotti, Andrea Taverna, Guido e Gaia Castellini Baldissera si trovano avanti al notaio e avvocato Rubino Mensch a Lugano, per sottoscrivere un accordo, cosiddetto “Convenzione”. Le tre persone comparse davanti a Rubino Mensch sono eredi di Anna Ramazzotti, non essendosi mai consumato il divorzio definitivo tra Anna e Andrea. La Convenzione firmata nel settembre 1993 conferma il beneficio del Taverna ad abitare il podere in Toscana ma solo fino al 2008, secondo l’impegno che si accollano personalmente gli altri due eredi, Gaia e Guido. Ma oltre a questa conferma, vi sono altri impegni, alquanto strani, vista la sede. Taverna, infatti, si impegna a cedere le sue quote della società Le Stoppaie Srl (già Acro Srl) in parti uguali a Guido e Gaia Castellini Baldissera, che dal canto loro si impegnano a trovare un’altra sistemazione “nelle vicinanze” al signor Taverna nel momento in cui la società cui è intestato il podere dovesse averne bisogno.

Chiariamo. Il podere di Bolgheri è parte del patrimonio immobiliare della società Le Stoppaie, costituita proprio da Anna Ramazzotti con il conferimento delle sue proprietà toscane e da Andrea Taverna, che ne erano soci. Il nome della società è dovuto al fatto che nel suo stesso patrimonio immobiliare vi è un altro podere poco distante, che si chiama podere Le Stoppaie, oltre a terreni nella zona di Cortona e in altre parti della Toscana.

Secondo i documenti del tempo, alla data della Convenzione avanti all’avvocato e notaio Mensch, la compagine societaria della società Le Stoppaie vedeva Guido e Gaia Castellini Baldissera che, a seguito del decesso della madre di Anna Ramazzotti, avevano consolidato l’integrale proprietà del 39,25% del capitale sociale a testa, mentre Andrea Taverna era titolare del residuo 21,5%.

Con la Convenzione, il sig. Taverna si impegna a cedere tale quota residuo in suo possesso a Guido e Gaia Castellini Baldissera in egual misura. Ma ciò non accade, almeno non precisamente.

I documenti societari infatti testimoniano che il sig. Taverna cede il 19,5% a Guido e Gaia Castellini Baldissera in egual misura, mentre risulta che il residuo 2% sia stato trasferito ad Immobiliare Andronica con atto notarile avanti il notaio Ernesto Vismara. Ma l’atto notarile del 28 marzo 1995 dimostra che Andrea Taverna non era personalmente presente a tale rogito, in quanto in sua vece vi era un suo procuratore speciale, tale Paolo Gramaglia, nato a Napoli e residente a Buttigliera D’Asti, persona che però Andrea Taverna pare non aver mai conosciuto!

In pratica, mentre nella Convenzione di Lugano era riportato l’impegno da parte di Andrea Taverna a cedere 284.831.000 Lire di capitale sociale Le Stoppaie ancora in suo possesso a Guido e Gaia Castellini Baldissera, per un corrispettivo di 365.000.000 Lire, lo stesso Taverna cede a Guido e Gaia Castellini Baldissera solo 250.000.000 di Lire del capitale sociale Le Stoppaie, per un corrispettivo di Lire 315.000.000 e cede ad Immobiliare Andronica la sua residua quota di Lire 34.831.000 del capitale sociale di Le Stoppaie Srl, per pari ammontare. Ossia vende ciò che doveva vendere, ma il 2% di Le Stoppaie non va a Guido e Gaia Castellini Baldissera, bensì ad Immobiliare Andronica, e peraltro Andrea Taverna incassa Lire 349.000.000 invece di Lire 365.000.000 pattuiti nella Convenzione ticinese. Ciò attraverso Procura Speciale in favore di una persona che non ha mai conosciuto. In realtà Andrea Taverna non ha mai incassato nemmeno una lira. Ma questa è un’altra storia.

Ma l’annus horribilis, il 1995, non è ancora finito. Come per magia, emerge infatti che nella stessa data (9 ottobre 1995) in cui avanti il Notaio Monica Zara si era tenuta l’assemblea soci straordinaria Immobiliare Andronica tenuta solo dalla sig.ra Patrizia Novella che fungeva da delegata del socio, da organo amministrativo e organo di controllo, si tiene anche l’assemblea soci straordinaria di Le Stoppaie, avanti lo stesso Notaio Monica Zara, con lo stesso risultato: Le Stoppaie da Srl si trasforma in SpA, cambia la sede legale per lo spostamento dello Studio Spiniello, e viene nominato l’amministratore unico nella persona di Guido Castellini Baldissera, il Presidente del Collegio Sindacale nella persona di Giuseppe Dattilo e i sindaci effettivi nelle persone di Maurizio Dattilo e Salvatore Spiniello. Ossia lo stesso amministratore unico e lo stesso organo di controllo di Immobiliare Andronica. Un capolavoro!

Ma l’anno successivo, il 1996, non è da meno per le due società e per l’allegra brigata di soggetti. Il fascicolo storico della società Le Stoppaie SpA mostra, ancora nel luglio 2013, che l’ultimo elenco soci depositato  il 29 luglio 1996 dall’amministratore unico Guido Castellini Baldissera riporta lo stesso Guido e sua sorella Gaia, ognuno proprietario del 49% circa delle azioni, e Immobiliare Andronica proprietaria del residuo 2%. L’informazione è confermata dallo storico delle partecipazioni dei fratelli Guido e Gaia presso il Registro delle Imprese e dal fascicolo storico di Immobiliare Andronica, dal quale emerge che i due sono stati soci di Le Stoppaie fino al febbraio 1997.

Eppure, il 28 settembre 1996 si tengono, ancora avanti il Notaio Monica Zara in Milano, le assemblee straordinarie delle due società, il cui ordine del giorno consiste nella fusione per acquisizione di Le Stoppaie SpA in Immobiliare Andronica SpA, operazione ovviamente svolta, come visto, dallo stesso amministratore unico e dallo stesso Collegio Sindacale.

Stante la compagine azionaria di Le Stoppaie SpA, ci si aspetterebbe che, soprattutto in presenza di un notaio, l’assemblea straordinaria della società preveda la presenza di almeno il 50% del capitale sociale. E invece no. Il verbale dell’assemblea straordinaria Le Stoppaie SpA riporta che l’assemblea è regolarmente costituita e valida per deliberare vista la presenza del socio unico Immobiliare Andronica SpA (???) nella persona dell’amministratore unico della stessa, Guido Castellini Baldissera! Dacché i termini dell’operazione  prevedono che Immobiliare Andronica SpA non versi nemmeno una lira agli azionisti di Le Stoppaie SpA!

Inutile dire che le due assemblee straordinarie deliberano in favore di tale operazione, che viene definitivamente siglata con atto del gennaio 1997, indi per cui dal febbraio 1997 la società Le Stoppaie SpA è definitivamente cessata e cancellata dal Registro delle Imprese.

Gli stessi uomini che Mediobanca e Maranghi avevano messo a gestire il reticolo di società estere per accumulare fondi neri, in particolare Giuseppe Dattilo e Salvatore Spiniello, sono riusciti nell’obiettivo di appropriarsi senza tirare fuori un centesimo, delle proprietà toscane e non solo di Anna Ramazzotti. Ci son voluti quasi quattro anni dal ritrovamento del cadavere di Anna sulla collina di Agno, ma ce l’hanno fatta a fare ciò che non era riuscito con la Lombardona e che poi riuscirà nel caso del gruppo Icar.

In realtà ancora oggi l’operazione non è del tutto portata a termine, nonostante pare che Tribunali e Procure italiane si stiano impegnando a che ciò avvenga.

Ma questa è un’altra storia.

 

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